La Carta à la carte

di Luca Dainotti *

Il 9 marzo è entrata in vigore la legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1 (G.U. n. 44 del 22 febbraio 2022) recante “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente”, approvata nella seconda votazione dalle due Camere con la maggioranza dei due terzi dei componenti e quindi non soggetta a referendum confermativo.

La legge costituzionale interviene su due distinti punti della Carta: in primo luogo introduce tra i “principi fondamentali” della Costituzione, posti negli articoli da 1 a 12, finora mai modificati, la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni (art. 9); quindi integra e rafforza questa innovazione, sostanzialmente con la previsione che l’esercizio della attività economica debba conformarsi a tale nuovo principio (art. 41); questa non potrà quindi svolgersi in modo da recare danno alla salute e all’ambiente, potendo inoltre essere indirizzata a fini non solo sociali ma anche ambientali. Infine la legge reca, come d’abitudine, una clausola di salvaguardia delle competenze legislative riconosciute alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano dai rispettivi statuti.

Un voto poco meno che unanime (468 favorevoli, 1 contrario, 6 astenuti) ha concluso alla Camera l’iter legislativo; si è trattato di un percorso tutto sommato abbastanza “scorrevole” per un testo di modifica costituzionale che, almeno sui media generalisti, è emerso e ha avuto risonanza solo nella sua fase ultima, in certo qual modo a cose fatte, senza suscitare particolare interesse o dibattito.

È la terza legge di modifica della Costituzione approvata nel corso della XVIII legislatura, dopo le leggi costituzionali n. 1/2020 e n. 1/2021 che hanno rispettivamente ridotto il numero dei parlamentari e diminuito da 25 a 18 anni l’età per eleggere i componenti del Senato della Repubblica.

La ricca produzione di norme di revisione costituzionale di questo ultimo triennio renderà probabilmente la XVIII legislatura, in questo senso, una tra le più prolifiche insieme alla XIII legislatura (2001-2006). Fatte salve le leggi costituzionali di revisione degli statuti di diverse regioni ad autonomia speciale approvate negli anni 2013, 2016 e 2017, l’ultima modifica alla Carta costituzionale risaliva al 2012 con l’introduzione del principio del pareggio di bilancio in Costituzione (l. cost. n. 1/2012). Non si considerano ovviamente le revisioni costituzionali non confermate a seguito di referendum, quale la c.d. “riforma Renzi” del 2016.

Gli studiosi e gli operatori del diritto avranno modo di analizzare puntualmente la legge costituzionale 1/2022 e di ipotizzare le ricadute di una così significativa sottolineatura costituzionale dei valori ambientali, in particolare sugli orientamenti della giurisprudenza della Corte costituzionale. A una lettura superficiale il principio fondamentale della tutela ambientale verrebbe infatti a “rafforzare” la materia “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” annoverata tra quelle di competenza legislativa esclusiva statale dall’articolo 117, secondo comma, della Costituzione come modificato con la riforma del Titolo V introdotta dalla legge costituzionale n. 3/2001.

È comunque noto come la Corte abbia già escluso che possa identificarsi una materia in senso tecnico qualificabile come “tutela dell’ambiente” in quanto sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata. Secondo la Corte l’ambiente come ‘valore’ costituzionalmente protetto si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze, risultandone quindi una sorta di materia ‘trasversale’, che implica competenze diverse, regionali e statali allorché vi siano esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale [1]. Accanto alla tutela dell’ambiente, inteso nella sua accezione più estesa e sistemica, la novella costituzionale attribuisce alla Repubblica la tutela della biodiversità e degli ecosistemi.

In tale ambito, viene introdotto un riferimento all'”interesse delle future generazioni”, espressione mai utilizzata precedentemente nel testo costituzionale, che sembra imporre l’esigenza e quindi l’obbligo di preservare l’ambiente in una prospettiva che oltrepassa la presente generazione per traguardare un orizzonte temporale quasi indefinito. Il riferimento è comprensibile in questa “materia”, da chi considerasse irrimediabili e irrecuperabili gli eventuali pregiudizi recati oggi all’ambiente naturale. Si pensi, ad esempio, all’attuale dibattito sul cambiamento climatico, ritenuto ormai pressoché irreversibile. Tuttavia ci si può chiedere se il riferimento dinamico alle “future generazioni” non releghi, per contro, gli altri “principi fondamentali”, come si è accennato mai modificati o integrati in precedenza, a una dimensione quasi statica e quindi non aggiornata, inattuale, quasi che questi ultimi risultino ricoperti di un velo di polvere che ne rende impossibile una lettura evolutiva.

La novella costituzionale non ha mancato di introdurre una cenno alla tutela degli animali, riservata alla legge dello Stato che ne deve disciplinare i modi e le forme. È stato segnalato come la formulazione inserita nella l. cost. 1/22. abbia costituito un punto di mediazione tra la proposta di inserimento di una tutela degli animali quali “esseri senzienti” (riprendendo una dicitura presente nell’articolo 13 del Trattato di Lisbona dell’Unione europea) e, di contro, l’opzione “zero” sostenuta da chi ritenesse la tutela gli animali già inclusa pienamente nella nozione di ecosistema e biodiversità [2].

Così dunque anche il concetto di “benessere animale”, già peraltro trattato da strategie europee, da linee guida europee e nazionali e da leggi regionali vertenti sulla tutela degli animali d’affezione, sulla “pet therapy” e sulla sperimentazione animale, ha in qualche modo ingresso in Costituzione tra i principi fondamentali. Chi tra i padri costituenti l’avrebbe immaginato?

Tornando al quadro complessivo delle modifiche alla Carta, non è detto comunque che nell’ultimo anno di legislatura non possa arrivare al traguardo finale qualche ulteriore intervento “additivo/integrativo” della Costituzione se non degli stessi principi fondamentali almeno dei rapporti etico-sociali.

Pochi giorni fa, ad esempio, è stato licenziato dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato in sede referente il disegno di legge n. 747 che, modificando l’articolo 33 (o 32?), della Costituzione dovrebbe riconoscere un nuovo “diritto allo sport ed alla attività sportiva”, come  dichiarato da Valentina Vezzali, sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega allo sport. “È una riforma epocale che riconosce nello sport uno strumento fondamentale educativo, per il benessere e lo sviluppo culturale e sociale di milioni di persone in Italia“, ha concluso.

L’atto del Senato n. 747, frutto dell’abbinamento di varie iniziative di Camera e Senato dello stesso tenore, dovrebbe portare a una formulazione di questo genere: “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dello sport in tutte le sue forme“. Al momento della redazione di questa nota il testo definitivo, comprensivo dell’emendamento 1.10 approvato in Commissione non pare disponibile sui siti delle Camere, al punto che sussiste incertezza sulla collocazione della disposizione nell’art. 32 o nel 33. Il consenso che pare maturare sul testo lascia aperta la via a un iter sufficientemente sollecito per la conclusione entro la legislatura.

Anche in questo caso si determina una “valorizzazione” costituzionale dello sport, questa volta nel titolo II della parte I della Costituzione, in bilico tra la collocazione nell’art. 32 al pari della tutela della salute, come parrebbe logico, dato il valore di promozione del benessere psicofisico dello sport, e nell’art. 33, alla stregua dell’arte e della scienza.

L’“ordinamento sportivo” figura notoriamente tra le materie di competenza concorrente fra lo Stato e le Regioni nel lungo elenco di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, spettando quindi allo Stato la definizione dei principi fondamentali della materia. Materia che in una accezione restrittiva potrebbe essere circoscritta agli aspetti appunto “ordinamentali” dello sport (quindi alla sua organizzazione, alla definizione per esempio della autonomia della giustizia sportiva); la costituzionalizzazione dello sport dovrebbe comportare invece la sua più incisiva promozione e capillare diffusione, per conseguire e attuare il diritto alla pratica sportiva in “tutte le sue forme”. Si può pensare che questa precisazione alluda, ad esempio, agli sport tradizionali praticati in forma dilettantistica, ricreativa, agli sport paralimpici, ma nelle intenzioni del legislatore forse anche alle discipline sportive che si riconoscono nelle federazioni associate al CONI (vi figurano ad esempio la federazione dei giochi e sport tradizionali, del twirling, della dama, della palla pugno etc.)

Alle iniziative di modifica costituzionale, cui si è fatto cenno, già operanti (in tema di ambiente) ed in itinere (in materia di sport) se ne aggiungono altre, come in ogni legislatura, con minori possibilità di successo. Recentemente nel mese di gennaio 2022 si è concluso l’esame in sede referente alla Camera della proposta di legge costituzionale, di iniziativa popolare, concernente il “riconoscimento delle peculiarità delle Isole e il superamento degli svantaggi derivanti dall’insularità“, senza modifiche rispetto al testo già approvato dal Senato in prima deliberazione (proposta di legge costituzionale A.C. 3353). La proposta è diretta a introdurre un comma aggiuntivo dopo il quinto comma dell’articolo 119 della Costituzione, ai sensi del quale la Repubblica riconosca le peculiarità delle Isole e promuova le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità.

Verrebbe da dire in sintesi la Carta “à la carte”. Il menù delle novelle costituzionali possibili è ricco e si presta a una ampia scelta di “principii”, “valori” o “materie” da esaltare mediante inserimento in Costituzione, cogliendo di volta in volta una sensibilità più o meno diffusa della quale si fa interprete il legislatore, anche solo per piantare la propria bandierina sulla pagina (e nel corpo) della Costituzione

Nascono però alcuni dubbi guardando alla questione dalla prospettiva dell’uomo della strada, dell’osservatore comune. Quanto sono consapevoli e convinti “del valore aggiunto” apportato dalla revisione costituzionale all’ambiente, alla tutela degli animali, allo sport o alle isole minori i parlamentari o gli esponenti del Governo che cavalcano con entusiasmo questa tendenza al ritocco episodico e non sistematico della carta costituzionale? Quanta coscienza hanno del fatto che il battito d’ali di una farfalla che si muove leggiadra tra principi fondamentali e rapporti civili ed etico-sociali può generare imprevedibili uragani nel restante corpo della Costituzione e, a ricaduta, nell’intero ordinamento?

E se sul menù, sulle ordinazioni “à la carte”, compariranno portate più elaborate, di digestione più faticosa? Pensiamo all’evoluzione, nel pensiero comune, del concetto di matrimonio e famiglia: come sarebbe mettere mano agli articoli 29, 30 e 31 che di famiglia, matrimonio e maternità trattano? E se una diversa concezione dell’appartenenza ai “generi” imponesse, ad esempio, una revisione dell’articolo 37?

Ma, tornando ai “principi fondamentali” o “supremi”, ci si può riconoscere oggi nell’articolo 11, con la sua nozione di guerra, con riferimento alla forma del conflitto tra Russia e Ucraina e alle sue conseguenze? Potrebbe essere messa in discussione quella formulazione senza violare il “sancta sanctorum” dei principi che si considerano sottratti alla revisione costituzionale (ammesso che sia unanimemente identificabile un nucleo di principi “intangibili” oltre alla forma repubblicana come statuito dall’articolo 139 della Costituzione)? In questi casi si determinerebbe probabilmente un livello più elevato della fisiologica tensione tra la tendenziale “rigidità” della Carta costituzionale e l’esigenza di un adattamento delle regole all’evoluzione e al progresso in campo sociale, scientifico ed economico che caratterizza da sempre tutti gli ordinamenti democratici. Non vi è da scandalizzarsi, ma da appellarsi con (maggiore) fiducia alla consapevolezza e cautela dei nostri rappresentanti in Parlamento nel metter mano alla Costituzione che è stata definita la “più bella del mondo”.


[1] Si veda, ex multis, la sentenza della Corte costituzionale n. 407/2002.

[2]  Cfr. Dossier del Servizio Studi del Senato n. 396 del mese di giugno 2021 “Tutela dell’ambiente in Costituzione”.

*Già Direttore della Direzione Generale Enti Locali, Montagna e Piccoli Comuni di Regione Lombardia, attualmente membro dell’Osservatorio sulle Autonomie e i Territori e docente presso il Master in Amministrazione Territoriale e Politiche di Sviluppo Locale dell’Università degli Studi di Pavia.